Buon Compleanno!

Era una serata come tante, ma tutti e due avevano la percezione chiara che potesse essere la loro ultima serata. L’ultima così, vissuta in quel modo, in quell’angolo del quartiere che a tutti e due sembrava un rifugio dal mondo di fuori.

Lei parlava del suo lavoro, della sua gioia nel farlo, della città che aveva lasciato, ma pensava a come dirglielo. Lui pensava a lei, e le diceva che non c’era bisogno di dirlo, che aveva capito. Sollevata lei si era lasciata andare a una specie di simulazione di affetto che lo aveva ferito e commosso insieme.

Lui ora ha in mente una canzone che aveva usato molti anni prima per convincere una ragazza ad avere un’altra chance insieme. “Ogni cosa muore, questo è sicuro; ma ogni cosa che muore prima o poi ritorna”. Ma riflette che non aveva funzionato tanti anni prima e non funzionerà nemmeno questa volta. Il refrain gli resta in testa. Vorrebbe andarsene, ora.

Anche lei vorrebbe andarsene ma anche se sa che domani sarà più libera e leggera ora ha ancora paura. Che lui stia male, che la decisione non sia quella giusta. E indugia, vorrebbe che lui parlasse e si sfogasse. Forse vorrebbe che lui la insultasse, gridasse, facesse una scenata. Vorrebbe che lui la aiutasse a staccarsi, che non fosse così maledettamente passivo. Lui ora si sente vuoto dentro. Trova la forza di alzarsi e salutarla con tutta la dolcezza di cui è capace; ne esce solo un sorriso storto.
Esce, senza girarsi, qualcosa che gli aveva insegnato Allison tanti anni prima.

Lei pensa alla frustrazione di quell’amore, a quanto fosse incompiuto. Ha un attimo di allegria, quella che ti viene quando hai terminato qualcosa che dovevi finire da tempo. Poi si sente d’improvviso svuotata, anche lei.

Paga, esce nella sera, piove ma non se ne accorge, è sempre stata invulnerabile agli agenti atmosferici. Non sa che lui l’adorava anche per quello, lui non glie lo ha mai detto. Entra in macchina e va. Dopo un minuto lo vede camminare giù dal marciapiede, ha un’incertezza. Si ferma di fianco a lui, gli chiede di salire.

Lui stupidamente sale. Non ha ancora aperto la porta che la tensione lo vince e vomita lì, tra la portiera e le auto parcheggiate. Lei non aveva mai visto nessuno soffrire davvero per lei, scende e lo abbraccia stretto. Stanno lì come due disperati per qualche minuto. Lui le dice, finalmente, che l’ha amata di un amore imperfetto, e gli dispiace. Senza piangere, è lucido e calmo quando lo dice.

Lei ci pensa a lungo. Lui si mette a canticchiare

Situazioni

Mi è capitato di essere in una situazione difficile, una situazione dove c’è la possibilità di uscire male, di perdere cose (prestigio, denari, posizione sociale, faccia) che si è abituati ad avere. Mi è capitato per un concorso di motivi, per colpe od errori miei mescolati a colpe ed errori di altri. Mi è capitato che questa situazione difficile coinvolgesse altre persone che in qualche modo si fidavano di me, e che hanno fatto la loro parte di errori, in buona fede, magari contando sul fatto che io fossi la persona che li avrebbe corretti, o che li avrebbe protetti.
Se dovessi darmi una regola morale, la prima, sarebbe che queste persone vengono prima di me. Se qualcuno deve perdere qualche cosa, il primo a doverla perdere sono io, non chi si è fidato di me.
Mors tua vita mea non applica proprio a questi casi. Si applica ad un nemico, se proprio deve essere. Ad un concorrente, per quelli a cui piacciono le metafore viril-guerresche.
Ma guardando quello che ho intorno, economisti e politici, artisti e giornalisti, deputati e senatori, mi chiedo se invece non sia proprio questo il motto imperante che rispecchia l’esprit du temps. Agli amici, ai colleghi, ai soci, ai compagni di partito, di vita, di gite.
Mors tua vita mea, diciamocelo finalmente, senza falsi pudori

Hasta Siempre

Ok, ora cosa vorrei?
Vorrei che da questa catarsi uscisse una leadership che discute. Che magari impiega un poco piu’ tempo per decidere, ma che decide meglio. Vorrei che si chiarisse dove si vuole andare. Cambiare per cambiare, crescere per crescere sono concetti cosi’ fane’, cosi’ logorati dagli anni che mi chiedo davvero come ci si possa ancora credere.
Vorrei che si volesse cambiare per creare piu’ uguaglianza. Vorrei che si volesse crescere per fare spazio a chi ha di meno. Oggi, anzi per gli ultimi trent’anni e piu’ velocemente negli ultimi dieci, e’ stato il contrario di cosi’.
Vorrei politiche esplicite di redistribuzione. I miliardari scapperanno? Comunque i loro soldi l’hanno fatto gia’. Le aziende scapperanno? Non credo, quando lo fanno lo fanno per altri motivi. Siamo un mercato da sessanta milioni di consumatori, 40 milioni di classe media. Abbastanza perche’, volendo, si possa convincere un’azienda a produrre qui o a pagare le tasse qui. Proviamoci, il cielo non ci cadra’ sulla testa, non crediamo agli Abraracourcix della volatilita’. La volatilita’ attacca la debolezza, non la decisione e la chiarezza.
Vorrei politiche esplicite di parita’. Vorrei il congedo parentale alla norvegese, vorrei tassazione differenziata nelle universita’ per riequilibrare i generi, vorrei che la pay parity certificata desse punti per le gare pubbliche. Vorrei che le defiscalizzazioni andassero tutte verso le famiglie e il costo di mantenerle quando si lavora in due, prima che ci si estingua per poca natalita’. E una volta che nascono, questi ragazzini, facciamoli studiare decentemente. I soldi non vanno dati alle start-up, vanno dati alle scuole. Anche a quelle di eccellenza, che poi genereranno start-up. La Mazzucato non vuole fare il ministro? Io la nominerei. Vorrei una riforma della scuola severa. Meno professori meglio pagati e meglio preparati. Stiamo riuscendo a consegnare la posta ogni due giorni invece che uno, riusciremo anche a trasformare per il meglio il monolite degli insegnanti.
Vorrei una classe politica che non recitasse una narrativa staccata dalla realta’. Alla fine credo che Renzi abbia perso per questo. Per un poco funziona ma mille giorni di “va tutto benissimo” stancano, quando e’ ovvio che non e’ vero (e se non sei in Corea del Nord). Le cose giuste ci sono state e paradossalmente, o forse no, sono state quelle dove c’e’ stata piu’ mediazione come le unioni civili, o il fine vita.
Insomma vorrei una sinistra con un po’ di sinistra e un po’ di umilta’. Di hybris ne vedo gia’ abbastanza intorno a me, dovunque guardo; non mi pare ne serva di piu’. Non so se qualcuno che la sappia fare ci sia, ma se ci prova, comunque si faccia chiamare, io ci sto.