Portami:
- Amore (il mio)
- Una legge elettorale e poi le elezioni
- Un nuovo centro per me
- Il salario di cittadinanza (questa è dura, lo so)
- Un sacco di risate con i miei figli
- Emma Bonino Presidente
- Niente guerre, ok?
Io in cambio ti do questa canzone
Portami:
Io in cambio ti do questa canzone
Erano i giorni di Chernobyl, io ero molto molto triste perché avevo abbandonato le mie speranze di restare all’università; Khomeini mi aveva battuto, ero arrivato secondo al concorso, ero fuori. Forse proprio per questo volevo a tutti i costi fare qualcosa di incommensurabilmente stupido: andare sulle calanques con te. E Z. E la famiglia Bianchini, e chissà chi altro. E tutto mentre Chernobyl avvelenava i bambini vicini e i lamponi lontani. E per aiutarmi una terribile influenza giusto prima di partire.
L’avvicinamento in treno era stato già abbastanza difficile, era così chiaro che io ero un estraneo in quel gruppo. Arrivati a Marsiglia, in cammino, ho cominciato a fare una fatica d’inferno a tenere il passo, e non era che l’inizio. La sera, il colpo di grazia tu che dormi con Z io da solo in un angolo. E per una volta, rara nella mia vita, la decisione di smettere di soffrire. Addio, la mattina dopo, e pensate quello che volete (ammesso che mi notiate).
Ricordo il passo passare da affannato a leggero mentre, per un sentiero laterale, tornavo verso le strade e le case.
Questa canzone letteralmente non c’entra, parla d’altro, ma me la sento fischiettare mentre cammino verso la stazione con un senso di sopravvivenza. E poi è un omaggio a Lou Reed, trascurato finora.
It is amazing to have to celebrate for something that should normally sound obvious, but only today Alan Turing has been fully “pardoned”.
A great man, a genius, a hero in many ways.
And if you believe this has been a given thing, something easy to get, then remember: the same act had been denied only 20 months ago.
So, something is moving. And we should rejoice in Turing’s memory.
Ieri volevo scrivere di cose leggere, di come per distrazione mi avesse chiamato amore tre o quattro volte (si ovviamente le conto…), metterci su magari “Bene” che è pura poesia.
Però non mi confondere con niente e con nessuno, e vedrai…
niente e nessuno ti confonderà
soltanto l’innocenza nei miei occhi, c’è nè già meno di ieri, ma che male c’è
le navi di Pierino erano carta di giornale, eppure vedi, sono andate via
magari dove tu volevi andare ed io non ti ho portato mai
e puoi chiamarmi ancora amore mio
Ma ho già troppo De Gregori qui dentro e soprattutto ho capito che non mi stavo proprio muovendo. Che contestare il suo revisionismo storico non serve a nulla. Che non ha pietà, non ha occhi, non ha cuore. Non per me.
Nemmeno un filo sottile, il filo che ho invocato gridando e piangendo e che non c’era prima, non c’è nemmeno adesso; l’istanza non è stata nemmeno considerata, credo nemmeno ascoltata. La mia negazione non l’ha srotolato.
Insomma la negazione deve finire, deve subentrare la rabbia, secondo Kubler-Ross. Non la paura (quella c’è dal primo momento insieme al panico e alla disperazione). E nemmeno la depressione, che per K-R viene dopo ma con me non si è fatta aspettare. Proprio la rabbia. Quella che ti fa chiudere e rispondere male e non pensare alle sue reazioni.
“Je m’en fous” potrebbe essere il motto della rabbia. E con lui lo scricciolo rabbioso della Piaf.
Poi ho pensato che alla fine della negazione ci dovesse essere un inno, una celebrazione di quello che ho perso e della sua immensità. Ma non ce l’ho fatta, troppo intimo, troppo personale. E allora Nick Drake, che dice tutto quello che c’è da dire, e lo fa con 10 parole o poco più.
Oggi de Gregorio (Concita, non l’omonimo pseudo politico) scrive un pezzo su Repubblica (pagina 27) bellissimo, scritto per i nostri cuori.
Fa piangere, ha fatto piangere la mia ex ragazza, me, e chissà quanti altri.
Ma.
De Gregorio da la colpa alla Bossi Fini. Ora, i CIE (si chiamavano CPT) li ha introdotti una legge che porta i nomi di Napolitano e Turco. La Bossi-Fini gli ha solo cambiato nome. Perché? Perché i partiti – anche quello che considero mio e che credo anche De Gregorio (Concita, sempre) consideri suo parlano solo alla pancia di noi elettori.
E pare che le nostre pance dicano, probabilmente al 75% (sono ottimista!) , che NOI veniamo prima di LORO. Quindi il Governo Prodi li aveva introdotti, quindi nessun governo di sinistra successivo ha mai fatto nulla per cambiare la Bossi Fini e per abolirli. A farlo, c’è il rischio di perdere voti.
E quindi tutto quello che riguarda MIGLIORARE la vita degli immigrati NON è in nessuna agenda politica. E’ solo emergenza, dichiarazione solenne, lutto e indignazione. E articolo finale che parla ai nostri cuori e ci fa piangere. Ma non votare. La strada per Weimar comincia in leggera discesa, poi la pendenza aumenta.
Se il PD non mette questi temi in agenda – davvero – può anche sparire e sparirà, e sarà giusto così perchè a cosa servi se non sostieni le cose giuste, se segui gli elettori e non gli guidi?
Ma il dopo non sarà piacevole.
@Justine Sacco.
In Italy there is at least one person telling the truth – sacking you while KKK meetings are legal – is so weird.
“L’amaca” di Michele Serra, sulla Repubblica di oggi 22 dicembre.
Almeno nelle cose del mondo ogni tanto vorrei parlare di notizie e fatti – quasi incondizionatamente – positivi. Oggi ne ho trovati almeno due.
Sono cominciate in anticipo le olimpiadi invernali. La grazia a Khodorkovski è solo una manovra di pr, ma ciò non toglie che il suo stare in prigione fosse una ferita aperta nel sistema russo. Ce ne sono altre migliaia, e sicuramente i soldi residui che Khodorkovski aveva sono stati strumentali nel mantenere viva l’attenzione nostra (intesi come opinione pubblica) per lui. E questo non accade per tutti gli altri. Comunque è libero, e io sono contento.
Renzo Piano ha dato una lezione di stile e di intelligenza ai beceri che infestano la nostra classe politica. Leggete qui.
Quintino Sella, ai piedi del Monviso.
Io sono eroico, con le mie scarpe comprate il giorno prima a Paesana ho più vesciche che pelle ma non ho emesso un lamento. Non davanti a te, non davanti a tuo padre.
Ci sono riuscito, vi sono rimasto attaccato, sono degno di una famiglia di montanari, e la mia ricompensa sono i piedi nudi in un ruscello gelato, e la tua mano nella mia all’inizio della notte.
Oggi all’open day della Leonardo ho visto solo maestre contente.
Con il sorriso sulle labbra, una mano ad scompigliare i capelli dei bambini ogni volta che gli passavano vicini.
Senza frustrazioni, e se le avevano non avevano il bisogno di mostrarle a noi genitori come per giustificarsi in anticipo per qualcosa che non funzionerà.
Senza essere sopra le righe, senza dare la sensazione di venderci un prodotto. Solo orgogliose del loro lavoro e della loro scuola.
Certo forse hanno selezionato le più felici o le più brave o le più espansive per accompagnarci. Forse ci hanno ingannato.
Ma l’hanno fatto così bene che non posso che credere che sia una scuola dove mia figlia potrà esser felice.
In questi lunghi giorni una delle cose più difficili è tenersi dentro quello che si prova. Potersi sfogare solo con pochi, non potere cantare a squarciagola la propria canzone. Non poterla sussurrare a chi si vorrebbe farlo.
Certo, essere forti e composti è importante. Certo, leggi le cronache della resistenza e i condannati a morte affrontarla con il sorriso sulle labbra e li ammiri. Ma se ci pensi, quanto deve pesare quel sorriso.
Qui siamo più leggeri, qui non muore nessuno ma anche qui il sorriso ha un peso sproporzionato. Il sorriso che vorrebbe farsi diverso, uscire dalla sua bidimensionalità facciale ed essere un abbraccio, una carezza, una proposta.
Ho una canzone precisa in mente, ma mi rendo conto che sarebbe troppo, e che in molti mi cancellerebbero e che in molti riderebbero di me. Quindi lascio solo le 4 righe più belle…. stavo in fila /con i disillusi / tu mi hai raccolto come un gatto / e mi hai portato con te.
E allora per colonna sonora uso questa – che non è la cosa che vorrei davvero sussurrare oggi ma che, lo stesso, parla di quello che ho dentro e che non ho il diritto di dire.