Le ragazze e la musica

Avete mai notato, ascoltando la musica dal vivo, che le ragazze che ascoltano sono cosi’ meglio dei ragazzi?

Le ragazze sanno le canzoni, le cantano a piena voce o le sussurrano ma si vede che le sanno. Le ragazze si muovono a tempo e sorridono, o chiudono gli occhi e sognano.
I ragazzi fanno la la con la bocca ma si vede che non la sanno, o stanno sdegnosamente zitti cercando di farti capire che la saprebbero anche ma che cantare non e’ cool. E quando cantano e la sanno, sembrano allo stadio, muovono le mani e fanno la faccia cattiva.

Questa sera al concerto c’erano un ragazzo e una ragazza molto carini e innamorati. Ma lei lo era molto di piu’, si capiva da come cantava.

https://www.youtube.com/watch?v=F8BMm6Jn6oU

 

Oh

Temo di non avere molte parole rimaste di fronte a queste foto di bambini che muoiono mentre i loro genitori cercano di scappare dal peggio.  Si, sapevamo che i bambini morivano. E si,  vedere le foto ci fa stare enormemente male. Ma non si trasforma in azione.

Questa sera c’erano dibattiti di una noia enorme alla festa del PD. Noiosi, inutili, vacui. 7 che parlavano di edilizia a Milano di fronte a settanta che si occupando di edilizia. Addetti ai lavori. La legalita’. Come se la legalita’ avesse bisogno di un dibattito.  Quindi il PD che non si mobilita (ma davvero, in piazza con migliaia di persone, non con quattro dichiarazioni) su un disastro epocale del genere non e’ piu’ il mio partito. Qui il problema non e’ Renzi, Renzi e’ il frutto di un albero secco.

Non so cosa fare, si dovrebbe fare qualcosa. La reazione individuale non produce nessun risultato, quella collettiva non esiste perche’ non porta voti (anzi li porta via). Se qualcuno  che legge sa cosa fare individualmente, me lo dica.

 

La fine dell’estate (musical post)

Questa estate ha rafforzato il mio essere definito attraverso i miei figli e il mio lavoro. I figli che proiettano intorno a loro l’immagine  di solida felicita’ affettiva, i figli cosi’  fisici nel loro  manifestarsi e ancora cosi’ fragili nel dire al mondo che ci sono. I figli che sono la tua meraviglia e  che ti lasciano vuoto dentro, i figli che prendono perche’ e’ giusto che sia cosi’.

(tra l’altro la ragazza in oggetto scrive da cane, ma resta un mito del mio piccolo immaginario)

Il lavoro, che comunque rimane la definizione del buono e del cattivo intorno a te, il lavoro che a ben guardarlo e’ la migliore notizia dell’anno (felicita’ e successo dei figli esclusi). Il lavoro che  anche se nuovo e interessante resta  comunque viziato dall’essere il patto con il diavolo della felice sussistenza altrui. Il lavoro che per quanto come a volte succede tu lo possa amare resta  sempre, alla radice, un rapporto tra valore prodotto e compenso. Ed e’ sempre cosi’, a meno di non potersi permettere di non avere il compenso. Allora si, diventa perfetto e  esternazione del nostro io migliore,  realizzazione di progetti personali e un monte di bellissime cose.  Altrimenti, ci si naviga attorno e si sta attenti agli scogli.

 

E il terzo pilastro previdenziale per il benestare del tuo intero essere,  l’amore, il sostegno, il guardarsi negli occhi e sorridere, resta incastrato da mesi, da anni nei ferri sempre piu’ arrugginiti di frasi feroci e di silenzi anche peggiori. Forse ci vorrebbe un’antitetanica, alla fine dell’estate.

 

E’ venuto fuori un piccolo  post piuttosto malinconico. Allora come premio per essere arrivati fino a qui, un poco di energia….

Silent Disco

A Sestri Levante, sotto il balcone della casa dove sono in affitto, ci sono seimila persone, e sono le tre di notte. La stessa spiaggia della foto qui sopra.

Seimila sono tante, sono piu’, per capirci, della media dei manifestanti in piazza Sintagma  ad Atene nei giorni caldi del dentro-fuori l’Europa (e non sappiamo ancora come e’ finita).

Loro non manifestano, loro cercano di ballare con delle cuffie colorate in testa. Si chiama Silent Disco, perche’ la musica si sente solo attraverso le cuffie. ma seimila che canticchiano sottovoce quello che sentono in cuffia  fanno  comunque  un discreto casino. E non basta, ci sono tre dj e tre canali e tre colori dell cuffie. Cosi’, dal mio secondo piano affacciato sulla spiaggia gremita all’inverosimile, puoi capire in ogni momento chi ha piu’ successo, se il rosso o il verde o il blu. E la cacofonia aumenta.

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Questi seimila sono per  la maggior parte quello che  ti aspetteresti, diciottenni tranquilli che cercano fidanzamenti (come tutti, anche quando non sappiamo di cercarli), carezze, carezze. Carezze di ragazzi o carezze dell’alcool e dello sfinimento, o carezze del vento caldo di questa nottata.

Ma ci sono le eccezioni. Al piano di sotto, come in un piccolo prive’ al riparo dalla sabbia,  ci sono venti adulti, almeno 5 strappone che improvvisano una specie di pool dance. Due mastodonti tatuati che forse sono commercialisti ma vogliono sembrare guardie giurate, o culturisti. Sette o otto signori over cinquanta che visti dall’alto devono pesare cento chili per uno e che improvvisano passi di salsa.

Insomma come diceva  mia nonna un bisa bosa.

Ma sul piu’ bello arriva il fattore unificante che ci fa diventare nazione. Vasco. Quando il DJ verde la mette su, la spiaggia diventa verde e il coro sembra un inno. E, strappone e me a parte, gli altri non erano praticamente ancora nati.

https://www.youtube.com/watch?v=Wv80ZVOdXc0

E se mi chiedeste dove erano le mie cuffie, avreste ragione. Basta piagnistei, la silent disco e’ il nuovo che avanza. E lo e’ davvero; quattro anni fa erano un centinaio di persone, clandestine, in un angolo della spiaggia, faceva  venire voglia di unirsi. Ora e’ un’impresa vera, con stand da fiera, 6000 per quindici euro e chissa’ cos’altro. Se crescesse tutto il resto cosi’ in fretta il partito degli ottimisti avrebbe ragione…

 

Grecia

Non scrivo da un poco, ma oggi ho troppe domande in testa per resistere.
Ovviamente non ho idea di chi vincera’ e di come finira’, ma leggendo tutto e il contrario di tutto su giornali e riviste di economia, mi sono fatto un’idea abbastanza chiara. La Grecia e’ sacrificabile ed e’ sacrificata sull’altare dell’Europa. Il che’ puo’ anche avere senso e andarmi bene dalla mia stanzetta a Milano. Forse a pelle sono piu’ con Bagnai e penso che non stiamo proprio andando nella direzione giusta, ma diciamo che mi va bene cosi’.
Ma il piano funziona se poi, dopo il sacrificio, vengono a chiedere perdono in ginocchio e la rinata “Europa” trova il modo di dargli una ipocrita e pelosa mano (e anche questo non e’ scontato) .
Ma….
Ma se ci fosse qualcuno al di fuori del nostro orizzonte occindentale pronto a fare una mossa. La Russia, forse, non ha i soldi,. La Cina ce li ha. Se la Grecia diventasse una colonia commerciale cinese, come molti stati africani sono gia’? Questo cambierebbe qualcosa? E se grazie alla Cina l’economia greca rialzasse la testa in fretta, l’esempio potrebbe essere contagioso per noi pigri stati sud europei?

Non so, anzi sono sicuro di sbagliarmi. Ma non riesco a togliermi la sensazione che ci guardiamo un po’ troppo l’ombelico.

Il mondo ha sembre cambiato faccia velocemente, e tutto questa stabilita’ di cui abbiamo gioito negli ultimi quarant’anni potrebbe essere alla fine?

 

Intanto vediamo questa sera….

Totalitarismo

Entro nel mio negozio di ottica  e trovo la padrona che legge Hannah Arendt.  E’ bello avere un’ottico cosi’, e invoglia persino me a fare un poco di small talk. Insomma viene fuori che guardandosi intorno le e’ sembrato di sentire un aria un po’, come dire, totalitarista. E quindi un po’ di ripasso non le sembrava inopportuno.

Fast forward un giorno, e immagina una classe di prima elementare; pubblica, milanese, ne’ ricca ne’ povera; gente perbene, avresti detto. Immagina che in questa classe ci sia un bambino “difficile”, che disturba le lezioni, che tiranneggia gli altri, che ogni tanto urla e manda in crisi le maestre. Immagina che i genitori comunichino su una mailing list, tutti, anche i genitori del bambino difficile.  Immagina che questa gente perbene decida che la misura e’ colma, preoccupata che i propri bambini “facili” ne vengano danneggiati.  Immagina che due o tre  di loro decidano che il modo migliore di risolvere il problema sia fare morire di vergogna i genitori del bambino difficile. Immagina che la mailing list diventi il mezzo di questa ordalia. Immagina che  per fermarla si debba provare una, due, tre volte a spiegare a  questa gente perbene quello che dovrebbe essere ovvio, che il gruppo non ha ne’ il potere ne’ il diritto di giudicare.  Immagina che alla fine l’ordalia si fermi, ma che ti resti la sensazione che ricomincera’.

Mi chiedo se sono io fragile, di questo tempi, o se lo siamo tutti….

Ci sarebbe stata bene, qui, “Imagine”

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ma  volevo qualcosa di meno pop.

http://https://www.youtube.com/watch?v=JTTC_fD598A

Definizioni – 2015 – 1

Infinito

Il numero di ristoranti giapponesi in Viale Monza

 

Zero

La probabilita’ che, data una coppia  in un ristorante,
all’alzarsi di uno per andare alla toilette  non corrisponda una sbirciata dell’altro al telefonino.

Vale per donna e uomo, uomo e uomo, donna e donna.


 

Restituiteci gli anni 70 e il loro essere alternativi.

Bread & Roses

Ho visto Pride, ho pianto perche’ al cinema piango sempre, davanti a vittorie e a sconfitte, a gioie e a morti,  a finali lieti e disastrosi. Il buio e le le altre persone amplificano le emozioni, immagino.

Insomma ho visto Pride  e mi e’ piaciuto da morire  anche se come mi ricorda chi e’ del mestiere non ha nulla di particolare dentro, cinematograficamente parlando. Mi e’ piaciuto  perche’ racconta una storia che non ricordavamo, tutti stiamo perdendo la memoria sempre piu’ velocemente, cose accadute trent’anni fa sono gia’ diventate remotissime, e in questa perdita di memoria si annida la perdita della coscienza e questo significa “pericolo” per tutti noi. Quindi evviva chi ci ricorda cosa e’ successo. Che sia come e’ morto Pasolini o cosa era lo sciopero dei minatori in Galles.

E mi e’ piaciuto perche’  racconta di quanto sia importante e difficile essere solidali, e essere leggeri. Mescolare il pane con le rose.

https://www.youtube.com/watch?v=LWkVcaAGCi0

 

Buon Compleanno!

Tutto accade al cinema, il giorno in cui in un attacco autodistruttivo Matteo ha deciso di rivedere, 25 anni dopo, “Il coltello nell’acqua”.

Il cinema della parrocchia della scuola di una figlia, specializzato in cose ricercate e sopraffine, il sublimato della intelligenza cattolica milanese. Vecchi film laici rivisti in una parrocchia di mezza citta’ dal pubblico piu’ borghese del mondo.

Venticinque anni prima, altra parrocchia, quasi campagna al lato di una grande roggia. Il cineforum dell’insegnante di religione. Nuovi e vecchi film laici visti in un cineforum di fuori citta’ da diciottenni che volevano solo innamorarsi.

“Il coltello nell’acqua”, tra tutte le scelte possibili per un cineforum, era gia’ vecchio allora, aveva gia’ quindici anni, Polanski aveva iniziato da ragazzo.

Entrando al cinema Matteo ripensa a come sia possibile che si ricordi solo, di quel film, due persone su una barca che si chiama Cristina. Tutto il resto era svanito, e aveva la sensazione che non fosse svanito con gli anni ma che fosse svanito immediatamente, che non fosse mai esistito, che di quel film avesse davvero percepito solo quello. Forse una ragazza era seduta di fianco a lui e lui si era perso nell’immaginarla innamorata di lui.

Questa sera per un miracolo dei circuiti parrocchiali o per l’intercessione dell’associazione per la sopravvivenza dei proiettori a bobina il film e’ li’ a cento metri da casa, e puo’ scoprire cosa succedeva dopo. Ci va. Sono in pochi, forse una trentina. E’ freddissimo fuori, e’ un po’ freddo anche dentro, tutti tengono sul il cappotto. Il film comincia, Cristina entra nell’ inquadratura e Matteo si addormenta.

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Si sveglia, e fuori c’e’ nebbia. Non la nebbia accennata di piazzale Loreto ma la nebbia delle rogge e dei grandi inverni. Non vede nulla, solo il cappotto rosso di una ragazza, la mano nella sua. Matteo non capisce, ma la mano di lei e’ calda nella nebbia e lui non vede perche’ ritrarla. Camminano nella nebbia, lei ha un buon profumo e parla, parla dei Modena City Ramblers e di uguaglianza. Parla di come a volte si senta fuori posto, di come vent’anni siano difficili e di come saranno i suoi prossimi venti. A lui quella ragazza piace, gli sembra cosi’ giovane e cosi’ grande, inizia a parlare anche lui e si accorge di non sapere piu’ quanti anni ha.

Tutto quello che sa oggi e che sapeva da ragazzo arriva ad ondate nella sua testa. Carole King e i Lumineers. La voglia di provare e la paura di rischiare. I suoi ragazzi e i suoi amici da ragazzi. Si abbandona a una sensazione confusa di non sapere piu’ distinguere tra l’oggi e il domani. Forse, pensa, non e’ cosi’ importante.

Matteo si racconta e la ragazza lo ascolta sorridendo, ride lo prende in giro e lo consola. Non hanno una eta’ mentre si lasciano scoprire dall’altro, a poco a poco.

Camminano e parlano tutta la notte, attraversano i bar e le osterie del paese. Scivolano nel freddo e nella paura senza sentirli, progettano insieme come potrebbe essere il mondo di domani, il loro. Corrono veloci con i pensieri, con le fantasie, tutto e’ possibile, le loro parole costruiscono il futuro.

Sono seduti sui gradini del cinema, all’alba, quando la ragazza gli dice che deve andare. Matteo la guarda e pensa che tornera’. La bacia, una volta sola. O e’ lei a baciare lui. Lei va, non si volta. Lui chiude gli occhi per un secondo pensando a come erano le sue mani. Quando li riapre, passano i titoli di coda.