Quarantotto e’ l’indice di diseguaglianza salariale tra uomini e donne in Italia.
A parita’ di tipo di lavoro. Siamo centoventinovesimi su centotrentasei paesi. Peggiorati, se possibile, rispetto all’anno scorso. E non e’ l’educazione che manca, perche’ siamo il paese con piu’ donne all’universita’ rispetto agli uomini.
Facciamo passi indietro. Ma le donne ministro aumentano, e sicuramente anche le donne presidenti di aziende dove il presidente e’ nominato dal governo.
Forse, forse, forse, e’ il caso di fare cambiamenti veri (che so, asili, servizi, congedo di paternita’ obbligatorio…) e di smettere di illuderci che basti mettere donne al vertice (e c’e’ da discutere quanto “quei” vertici decidano) perche’ le cose cambino per osmosi culturale….. Le mie figlie e i miei figli non possono aspettare il duemilacento…..
Ero ad un evento di una nota societa’ di software. La migliore, tra l’altro.
Una presentazione diceva piu’ o meno “oggi collaboriamo scambiandoci allegati alle email, la nuova frontiera sara’ collaborare su una singola copia di un documento”.
Un’altra, sempre piu’ o meno, affermava stupita che ” la forza lavoro e’ sempre piu’ mobile e ci vogliono tecnologie che aiutino ad accomodare questa transizione”.
Io, seduto a fare lo spettatore, dicevo al mio vicino che queste cose ce le dicevamo gia’ quindici anni fa. E gli strumenti c’erano gia’, quindici anni fa.
E questi strumenti ora sono alla versione 15 e funzionano benissimo, solo che forse non li vogliamo usare perche’ non si adattano davvero al nostro modo di essere. La comunicazione, il lavorare in gruppo, e’ attivita’ molto piu’ verbale che scritta, quando si scrive si e’ da soli o in gruppo davanti al proprio documento. E il problema nell’ essere connessi con il nostro mondo lavorativo non e’ di avere nuove versioni di Skype (chi le ha viste, comunque….), e’ la copertura 3G e la qualita’ del WiFi nei bar (da Milano a Londra a Mosca).
Pensavo che tutta la nostra industria non ha portato nulla di nuovo nella nostra vita da cosi’ tanti anni. L’innovazione e’ finita e stiamo facendo dei giri intorno al palo del profitto?
Se vi capita, andatelo a vedere a teatro. Si chiama “Una giovinezza enormemente giovane” e parla di Pasolini.
Fa parlare Pasolini, per meglio dire.
Parla di come avesse visto giusto nei fatti d’Italia, di come la guerra per l’energia fosse dietro alle lotte e alle logiche politiche di allora, parla della piccolo borghesia pronta a votare l’uomo nuovo (prima, allora e apparentemente sempre) parla della diffidenza per la diversita’.
Parla della memoria, e ascoltare Herlitzka cantare ia poesia sui morti di Piazza Fontana varrebbe da solo lo spettacolo .
Dura solo un’ora, un’ora in cui si vede il peso del recente passato di questo paese accumularsi sulle spalle di questo attore, anziano, fragile e fortissimo insieme.
Pensando a una canzone, mi e’ venuta questa in mente. E’ del 1974, un anno prima che Pasolini fosse ammazzato.
E mi ricorda un concerto in cui eravamo forse in 20, sulle colline di Altare, con Della mea che ci spiegava di Cengio, dell’Acna e della Givaudan. Tutti inpuniti.
Ci sono (insieme a tante altre) due cose che sono sempre state nel mio cuore. La vela, con sogni adoloscenziali che potesse diventare la mia vita, e Venezia, con sogni post-adolescenziali che potesse diventare la mia casa.
Metterle insieme per un fine settimana era una ricetta semplice e di sicuro risultato. E infatti e’ stata una continua gioia, un rifornimento di bellezza.
Ma in due giorni ti accorgi di tante cose, per esempio passando attraverso le bocche di porto ti accorgi che il Mose non e’ quella cosa gia’ quasi pronta che ti sembrava avere capito dai giornali ma non c’e’ proprio, ci sono solo lunghe banchine di cemento costate miliardi. E ti sembra impossibile che se ne sia parlato solo per dieci giorni, e oggi nessuno ricordi piu’ chi sta in galera e chi no. Anche perche’ abbiamo pessima memoria, abbiamo bisogno di qualcuno che queste cose ce le ricordi.
Sempre per esempio, sul vaporetto per la Giudecca ti accorgi di quelle navi della costa crociere al porto passeggeri, ma non ti fanno tanta impressione. Poi, per caso, esci da una casa in una calle stretta, vai verso la riva e oltre la volta tutto e’ occupato da una immensa massa di ferro che si muove. E continua a passare, tu arrivi sotto la volta e sta ancora passando, sbuchi sulla riva e la vedi per intero, e’ alta tre volte i palazzi intorno. E’ come un uomo che schiaccia una formica, e la formica e’ Venezia. Come sia possibile che tutti noi permettiamo questo io non riesco a capirlo, non c’e’ somma di denaro che lo possa giustificare. E le vogliono fare arrivare piu’ grandi…
Ma le vele al terzo…
…e le sere a Chioggia
ti fanno passare anche questo.
Forse e’ solo questo, a Venezia si e’ cosi’ felici da pensare di essere onnipotenti e di potere ignorare il disastro incombente . Affrettiamoci.
Ognuno dice la sua, la dico anche io. Perche’ lo faccia, lo si puo’ sentire qui.
Il TFR in busta paga e’ un tipico caso di conflitto tra liberta’ individuale e stato paternalista.
Il TFR e’ mio, tecnicamente dovrei poterlo usare come voglio. MA il nostro stato democristiano aveva stabilito che era meglio aiutarci a risparmiare e a comprare, a 60 anni, una piccola casa per noi o per i nostri figli. Poi visto che si’ la casa era importante ma riuscire a campare della pensione anche, sempre lo stesso stato post-democristiano ha stabilito di aiutarci ad aiutare l’INPS e ci ha fatto mettere un poco di TFR, di default, nella previdenza integrativa.
Ora vogliamo prenderci questa liberta’ di scelta che non abbiamo mai avuto. Ne siamo sicuri? Io no, non sono sicuro che darci la liberta’ di essere cicale sia una scelta giusta. Ma so di esssere minoranza, e so che molti ne hanno bisogno adesso, e non tra trent’anni. Allora perche’ non mediare con un nudge…. lasciamo che sia una scelta, e lasciamo che la scelta di default sia quella della formica. La scelta di default ha una potenza inaspettata, l’80 per cento formicheranno…. e questo lascera’ anche campare i padroni (compagni imprenditori) che quei soldi da darci comunque non ce li hanno.
Tra l’altro, se si vogliono fare le cose per benino, perche’ non spiegare alle banche che per ogni TFR che opta per la busta paga e esce dalle casse aziendali DEVONO prestare l’equivalente all’azienda a condizioni analoghe? Cosi’, di nuovo, diamo un poco di pena ad ognuno che se non non se ne esce.
L’articolo 18 ok e’ ovviamente un simbolo e tutti sanno che non e’ li’ il problema. La Germania modello e la Francia altera hanno leggi che rendono il licenziare qualcuno molto piu’ difficile (e costoso) che in Italia, nella realta’ delle cose ed escludendo le code statistiche (reintegri forzati etc) che fanno notizia ma sono trascurabili quantitativamente.
Comunque, simbolo per simbolo, sembra di sentire e capire che quello che il compagno imprenditore vuole e’ la certezza del costo. Diamola. 2 mesi di buona uscita per ogni anno lavorato . Tutela crescente, certa, e non un’elemosina.
I contratti precari resteranno piu’ convenienti? Certo, ma un contratto a tempo indeterminate senza tutela non e’ che un contratto a tempo determinato interrompibile in ogni momento, quindi se si vogliono rendere i contratti indeterminati piu’ convenienti si deve mettere mano ai costi, e spostare gli oneri sociali verso i contratti precari….
E poi, per evitare sorprese e per chiudere il cerchio delle tutele, puniamo seriamente non i licenziamenti per discriminazione ma le discriminazioni stesse.
Cosi’ potremo dire di averlo abolito, di essere riformisti rivoluzionari e lo racconteremo ai nostri nipotini (sbrighiamoci!).
ps: oggi l’indennizzo e’ nella maggior parte dei casi lasciato a una contrattazione individuale (a meno di ristrutturazioni aziendali). E quindi dipende dalle rispettive abilità negoziali, del dipendente, del capo del personale. Renderlo “certo” sanerebbe anche questa discriminazione di fatto.
Non tanto e non solo per la storia, che e’ un bisa bosa di Fo, con cose belle e toccanti e cose che dici mah, ma perche’ e’ TEATRO, come non si vede piu’, con trenta ragazzi in scena, e i musicisti dal vivo, i giocolieri, le macchine di scena che ruotano e rivelano cannoni e vele, le pedane che corrono, gli acrobati che salgono sulle funi, canzoni, lacrime, risate, poesia. Una gioia per tutti i sensi, quel teatro che non si puo’ piu’ fare perche’ costa troppo, perche’ e’ illogico economicamente.
Andate a vederlo, a vedere quei ragazzi con gli occhi che ridono, ma siate preparati a rimpiangere, per una volta, di non avere fatto teatro nella vostra vita.
Io adoro le città, provo un piacere fisico nel camminare nei loro centri, accarezzo i muri dei grandi palazzi e dei grattacieli, quando ci sono e sono a portata di carezze. Ci sono nato, ci sono cresciuto. Mi piace osservare la gente che cammina per le strade, le loro traiettorie. Come si evitano e come si scontrano. Non parlo delle chiese, dei palazzi antichi, dell’arte. Parlo proprio dei cuori pulsanti, della pietra e del cemento. Dell’asfalto. In qualche modo ci parla.
Questa sera stavo cercando di ritrovare un contatto con la mia città. Motorino parcheggiato, giro dell’isolato. Corso Matteotti è orrendo, da quasi tuti punti di vista. Ma mi ha dato un senso di solidità, di resistenza agli anni e al nostro invecchiare. E Abercrombie era chiuso e buio, non esisteva. E Moroni era illuminato, e mi sorrideva. Insomma, lo stavo ritrovando.
L’Arlecchino. C’è ancora, e mi basta. Santa Lucia – resiste con i suoi camerieri che invecchiano lentamente come i muri.
E poi…
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Probabilmente non lo leggete ma è Foot Locker, Gap e Banana Republic. In fila. Se invece del telefono avessi avuto un fish-eye, il risultato sarebbe stato lo stesso. L’equivalente di OGNI centro commerciale in OGNI piccola città americana. Foot Locker, Gap, Banana Republic.
Perché distruggiamo le nostre città? Perché nessuno pianifica la loro bellezza, che nei loro centri, centrali e periferici, è fatta di negozi diversi ed unici, di bar e suonatori di strada, di cinema e librerie ….
Se avessi 10 Miliardi forse uno lo dedicherei a questo, e gli altri 9 li redistribuirei. Forse darei 70 euro invece di 80, e con quei dieci un centro città di cui andare fiero e dove spendere gli altri 70
Se c’è il sole e sei triste, non c’è niente di meglio del 25 Aprile per tirarti su. Niente.
Porta Venezia. Colori. Un sacco di Rosso, un po’ di bianco rosso e verde. Lotta Comunista ha più venditori che militanti, e sono quasi tutti in giacca e cravatta. Mah. Ci sono i bambini della scuola del Parco Trotter, e sono proprio bambini, con il loro striscione. Ci sono gli studenti, ci sono le trentenni, i quarantenni con i ragazzini, i ragazzini dei cinquantenni per conto loro, ci sono i sessantenni e anche di più. Questo è il 69esimo anno, pensate. Quante cose si festeggiano per così a lungo?
C’è una novità, il partito di Tsipras. E’ colorato e chiassoso e visibile. Chissà. Organizza una cena Greca come propaganda.
Gli studenti seguono un ragazzo “il 25 Aprile non è un anniversario ma un giorno di lotta rivoluzionario”. Alla quarta volta, il ragazzo tace dopo “il 25 Aprile”; gli studenti sono un poco sorpresi ma riescono a prodursi in qualcosa di simile a uno slogan collettivo. Niente di che, ma c’è speranza.
In mezzo al frastuono un signore corpulento con uno di quegli auricolari startrekkiani urla cose terribili nel suo telefono. E’ squassato dalla discussione, cerca di nascondersi dagli sguardi e dal rumore in una mezza rientranza di una casa ma è troppo grosso. Fa tenerezza, e ti fa ricordare che ci sono sempre cose peggiori di quelle che capitano a te. C’è Cusani (a proposito), ci sarà stato anche Pisapia da qualche parte, di sicuro.
Puoi comprare le magliette. Il Che: “chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”. Mi fa venire dei pensieri, ma non ora. Trovo Achille e Giovanna, e torno indietro di 20 anni.
Se vogliamo trovare allo stesso tempo nostalgia e ottimismo per il futuro, andiamoci, in piazza, almeno il 25 Aprile.
I am wondering if there is a method in Renzi’s approach to things. A method aiming to get explicit controversies following his actions, finalized to amplify the media impact they have.
Otherwise why he did a good thing like pulling the plug to the almost paralyzed Letta government only after having vocally vowed loyalty to it, and why now he did a great thing like positioning a considerable number of women as chairperson of the top Italian companies, but picking few with obvious interest conflicts?
Ms Marcegaglia and Ms Todini are for sure better and more prepared than many former chairmen, but owning their own company (that is still true for Ms Marcegaglia) is a fertile turf for conflicts and recriminations. Weren’t there more pure managers like Patrizia Grieco available?
Anyhow, I believe it is a great rupture, and if the theatrical tongue for controversies is an unavoidable part of the show, it is likely an ok price to pay… but I keep hoping we could start doing the right things… right.
Una cosa che condivido rispetto alla impostazione agit-prop di Renzi è l’urgenza. Anche se a volte viene usato per giustificare (e non è perdonabile ) azioni eticamente scorrette, il senso di urgenza deve esserci.
Lasciando da parte le macro statistiche e la perdita di PIL, un paio di esempi di quello che ci aspetta.
Primo. Le nuove generazioni non usano più la posta cartacea. le banche, le utilities cercano in tutti i modi di smettere di spedire lettere e lasciare tutto online. Nel mondo occidentale i volumi sono in calo da anni e mettono in discussione la sostenibilità economica dei vari Post Office nazionali. In Europa la maggior parte dei paesi ha un sistema di distribuzione che prevede una visita ogni 3 giorni. Noi abbiamo la distribuzione giornaliera. Ci sono 75mila postini, in Italia.
Secondo. Le società di servizi IT (da anni) usano risorse localizzate in India (o in paesi analoghi con alte competenze e costi bassi). Tutte le multinazionali dei servizi hanno ormai, tra i loro indicatori chiave, una percentuale di quanto del loro fatturato in un paese derivi dall’off-shoring. In Italia questo indicatore è molto più basso che nel resto dei paesi “occidentali” , e quindi le multinazionali effettuano una enorme pressione sul management locale perché l’indicatore si allinei al cosiddetto benchmark. Quante persone lavorano nei servizi IT per le grandi e medie multinazionali, direttamente o indiretta? 200mila è probabilmente una stima prudente? Di quanti punti percentuali quell’indicatore deve migliorare? 20?
I posti di lavoro, qualificati o meno, si perdono in un lampo. Le politiche per crearne di nuovi ( o se necessario e sensato proteggere i vecchi) richiedono molto più tempo e volontà. Da cui l’urgenza di cambiare. La scuola e quello a cui prepara, tra le prime cose… Cosa si dice della scuola? abbreviare il ciclo secondario a quattro anni è l’unica priorità?
Non so perché ma ci vedo bene Venditti…. quei tempi non torneranno…