Ci sono (insieme a tante altre) due cose che sono sempre state nel mio cuore. La vela, con sogni adoloscenziali che potesse diventare la mia vita, e Venezia, con sogni post-adolescenziali che potesse diventare la mia casa.
Metterle insieme per un fine settimana era una ricetta semplice e di sicuro risultato. E infatti e’ stata una continua gioia, un rifornimento di bellezza.
Ma in due giorni ti accorgi di tante cose, per esempio passando attraverso le bocche di porto ti accorgi che il Mose non e’ quella cosa gia’ quasi pronta che ti sembrava avere capito dai giornali ma non c’e’ proprio, ci sono solo lunghe banchine di cemento costate miliardi. E ti sembra impossibile che se ne sia parlato solo per dieci giorni, e oggi nessuno ricordi piu’ chi sta in galera e chi no. Anche perche’ abbiamo pessima memoria, abbiamo bisogno di qualcuno che queste cose ce le ricordi.
Sempre per esempio, sul vaporetto per la Giudecca ti accorgi di quelle navi della costa crociere al porto passeggeri, ma non ti fanno tanta impressione. Poi, per caso, esci da una casa in una calle stretta, vai verso la riva e oltre la volta tutto e’ occupato da una immensa massa di ferro che si muove. E continua a passare, tu arrivi sotto la volta e sta ancora passando, sbuchi sulla riva e la vedi per intero, e’ alta tre volte i palazzi intorno. E’ come un uomo che schiaccia una formica, e la formica e’ Venezia. Come sia possibile che tutti noi permettiamo questo io non riesco a capirlo, non c’e’ somma di denaro che lo possa giustificare. E le vogliono fare arrivare piu’ grandi…
ti fanno passare anche questo.
Forse e’ solo questo, a Venezia si e’ cosi’ felici da pensare di essere onnipotenti e di potere ignorare il disastro incombente . Affrettiamoci.