Inizia in una assemblea di classe. Io sono il “grande” che viene a dare la linea a voi di prima. Continua al parco, d’inverno, sulle panchine nella nebbia. E sul mio Ciao, quando tu mi infili le mani nelle tasche del giaccone. E si congela in una foto al bordo di un campetto di calcio, dove i tuoi occhi ridono e tu hai per sempre quindici anni. Quelli si, gli amori dei quindicenni quando hanno davvero quindici anni, quelli sono veri. Poi, velocemente, muore. ma non per me.
E Saba mi fa capire cosa non ho avuto.
Io non so più dolce cosa dell’amore in giovinezza, di due amanti in lieta ebbrezza, di cui l’un nell’altro muore.
Io non so più gran dolore ch’esser privo di quel bene, e non porto altre catene di due braccia ignude e bianche,
che se giù cadono stanche è per poco, è a breva pace. Poi la sua bocca che tace, tutto in lei mi dice: ancora.
Spunta in ciel la rosea aurora, ed il sonno ella ne apporta, che a goder ci riconforta della grande unica cosa.