Questo è uno degli snodi della mia vita e per il diorama che mi sono costruito in testa anche di quella di Alison. Era estate, forse luglio. Siamo usciti la sera e siamo andati da U Fleku, chi lo può ricordare, la tentata ricostruzione in viale Umbria di una birreria di Praga.
Ricordo che eravamo in tanti, e ricordo che c’era un mio amico sempre così critico su di lei. Ci siamo tenuti la mano in segreto per tutta la sera. E poi, tornando a San Donato, io l’ho lasciata a casa e ho accompagnato questo mio amico, perché sembrava giusto così a non so quale logica virile, perché temevo il suo giudizio.
E sono subito tornato sui miei passi, ma per qualche motivo non ho avuto il coraggio di suonare a quel campanello, e ho girato attorno a casa sua per ore come un lupo sperando chissà come in un segnale, in un fuoco acceso che mi dicesse “vieni, ti aspetta”.
Non ho visto il segnale, non c’è stato il segnale, ero troppo provato da anni di delusioni per sapere rischiare ed ero uno stupido, e non ho suonato. Ma chissà come nel mio cuore so che se avessi suonato e fossi salito, non sarei mai più uscito.
Edith Piaf per ricordarmi di non farle più, certe idiozie